Thirteen reasons why, quando è il momento di farla finita

by Gabriele Rana

C’era un animale speciale nella fattoria di Netflix e il suo nome in italiano era Tredici. La particolarità di questo animale è che nel 2017, non appena entrato nel ranch, aveva iniziato a produrre delle bellissime uova d’oro, che avevano portato grandi entrate e ciò aveva spinto i proprietari a sfruttare il più possibile negli anni successivi Tredici, forzando la sua durata vitale e stravolgendo completamente gli aspetti dell’animale, che questo venerdì 5 giugno esalerà il suo ultimo respiro.

Thirteen reasons why è una serie uscita nel 2017. La sua trama è ben nota, non serve essere abbonati alla Grande N per conoscerla, ma è bene ricordarla. Non appena uscita, Tredici ha subito fatto parlare di sé: una serie che tratta il tema del suicidio in età adolescenziale, affrontandolo in maniera introspettiva e, in alcune scene, diretta.

La storia, tratta dal romanzo di Jay Asher, era raccontata da due punti di vista quello di Hannah Baker (Katherine Langford), la ragazza suicida che aveva inciso i motivi del suo gesto su tredici lati di sette audiocassette, e il punto di vista di Clay Jensen (Dylan Minette), che nel riceverle misteriosamente, attraverso i suoi occhi, mostrava l’impatto che l’azione compiuta dalla ragazza aveva avuto su tutti i suoi compagni di scuola.

Tra critiche ed elogi, tra alti e bassi, la prima stagione di Tredici era stata ampliamente apprezzata come dimostra l’indice di approvazione su Rotten Tomatoes in cui le percentuali di gradimento della critica e del pubblico sono abbastanza elevate (nella sezione All critics su 63 giudizi solo 14 sono negativi e in quella Top critics su 19 solo 3). I motivi principali di questo successo potrebbero essere rintracciati in soli due fattori: il coraggio e l’intento di mandare un messaggio positivo. Infatti, nonostante scelte registiche discutibili, pretesti di trama non sempre convincenti, che hanno portato a una minore immedesimazione nei personaggi immersi situazioni irrealistiche, l’intento della serie di parlare in maniera approfondita delle questioni più buie dell’adolescenza era lodevole e il modo crudo in cui certe situazioni, come lo stupro e il suicidio, erano rappresentate, facevano trasparire un forte coraggio. Le controversie però non sono mancate e molti si sono scagliati contro la serie per la sua asprezza, accusandola anche di spettacolarizzare troppo il suicidio.

Parte di queste critiche troverebbero conferma in uno studio riportato su un articolo del New York Times nell’aprile del 2019, che si rifà a uno studio firmato dalla Fondazione Nationwide Children’s Hospital e pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, secondo cui il tasso di suicidi nella fascia di età compresa tra i 10 e 17 anni è aumentato nei mesi subito successivi all’uscita della serie raggiungendo un picco mensile mai avuto nei cinque anni su cui la ricerca statistica si è basata. Questo studio ha alimentato le polemiche che hanno costretto alla censura della scena del suicidio di Hannah. Sempre con l’intento di appianare le critiche negative sulla serie per le successive stagioni, è stata aggiunta all’inizio del primo episodio, una scena disclaimer recitata dagli attori, che, pur presupponendo un intento positivo, rompe completamente la catarsi che una rappresentazione di questo tipo dovrebbe dare e che, nel caso di queste ultime due stagioni, è già difficile da raggiungere a causa di un prodotto piuttosto scadente.

Il problema principale di Tredici, secondo molti, è stato andare oltre la prima stagione. Infatti quella sembrava essere autoconclusiva, così come il libro da cui è tratta la serie, e non tutti hanno gioito all’uscita di una seconda parte.

In Thirteen reasons why 2, la storia prosegue con il processo per la morte di Hannah Baker, portato avanti dalla madre contro la scuola. Se non fosse per la recitazione degli attori, questa parte non avrebbe avuto molto per cui salvarsi a causa di una pessima sceneggiatura, contornata da dialoghi vuoti e messaggi fuorvianti, che spesso è andata a contraddirsi con gli avvenimenti della stagione precedente, e a causa di scelte registiche pessime, come la composizione stessa degli episodi, con scene dove non si capisce se ciò che è narrato sia il presente, il passato o una finzione creata dal personaggio che sta raccontando la scena.

Senza contare che la serie dall’essere incentrata principalmente su Clay e Hannah, diventa corale, nel tentativo di trattare tutti gli argomenti più controversi sull’adolescenza: aborto, droga, stupro e attentati nelle scuole, ne sono un esempio. Problemi però che se fossero stati trattati al meglio avrebbero reso questa stagione meno lenta e noiosa. Se non per confermare, ma almeno per rendere l’idea di quanto detto, torna nuovamente Rotten Tomatoes, dove le percentuali di gradimento della critica e del pubblico scendono rispettivamente al 27%  e al 50%, con un numero di recensioni negative superiore alle positive, valori scarsi per una serie partita così bene.

Ma se la seconda stagione manteneva una certa continuità con la prima, la terza stravolge completamente il tutto. Non si parla più di Hannah, l’amo con cui si è tentato di far abboccare con il trailer gli spettatori è l’omicidio di Bryce Walker, un ragazzo macchiato del crimine di stupro seriale, causa principale della morte della Baker e con cui cercano in qualche modo di farti empatizzare, attraverso un nuovo personaggio, Ani, molto odiato dal pubblico. Anche nel caso di questa stagione, le percentuali di approvazione della serie sono calati al 12%, per la critica, e al 40% per il pubblico. Con un fallimento del genere sembrava quasi impossibile la conferma di una quarta stagione, che fortunatamente, sarà l’ultima.

Tredici è l’esempio più evidente di come, quando si cerca di forzare troppo una serie (ma anche un film o qualsiasi altro prodotto) nel tentativo di lucrare il più possibile su questa, tutto ciò che si può ottenere è soltanto un prodotto mediocre, lontano dall’intento originale e cosa ancor peggiore: con un pubblico che non ti segue perché appassionato e innamorato della storia raccontata, ma per inerzia giusto per sapere come tutto andrà a finire e con il rischio di guadagnarci anche meno.

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