La Giornata Nazionale della Legalità: la Storia e la coscienza degli esseri umani

by Paola Manno

Ricordo molto bene quel giorno. Avrei compiuto 12 anni il giorno dopo, mia nonna stava preparando una torta quando alzò gli occhi sulla tv accesa. Le immagini di un’auto esplosa su un’autostrada mi fecero sussultare. Poi la nonna disse “O Dio mio, o Dio mio” e io capii che qualcosa di tremendo era accaduto.

Quelle immagini riempirono le case degli italiani per molte settimane a seguire. Era il 23 maggio del 1992 e quel giorno una bomba composta da 500 kg di tritolo uccise Giovanni Falcone, magistrato antimafia, Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Falcone, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, agenti della scorta, quest’ultimo, ventinovenne, viveva in un paese a qualche km dal mio. A Calimera oggi c’è una piazza che porta il suo nome, e un piccolo monumento, vicino a un albero di mandarino di Sicilia.

La Storia con la “S” maiuscola si intreccia alle storie personali in tanti modi e quello che la mia coscienza giovane ha sentito quel giorno per la prima volta è tornato spesso a riempire i miei pensieri: è un sentimento che ha a che fare con i valori della giustizia, con quelli della legalità. Così nelle persone che ho incontrato, nei libri che ho letto, ho spesso ritrovato quel sentimento che con parole diverse ognuno mi ha raccontato. Le ho sottolineate con la penna azzurra e in questi giorni in cui si ricordano non solo quella strage orrenda, ma tutte le vittime della mafia, mi sembra doveroso condividerle con i ragazzi che incontro ogni giorno, con la speranza che anche loro abbiano presto voglia di leggerle e farle proprie. Soprattutto voglio pensare che esiste qualcosa che scavalca persino l’idea della legalità intesa come rispetto delle leggi, e che è ciò che Harper Lee in “Il buio oltre la siepe” definiva “L’unica cosa che non è sottoposta alla legge della maggioranza, e cioè la coscienza di un uomo”.

Oggi penso a Daphne Caruana Galizia, fatta saltare in aria come Giovanni Falcone, che fino all’ultimo istante ha urlato il suo sdegno contro la mafia maltese, ma pure quello contro l’atteggiamento mafioso dello Stato. Ripenso ai familiari del giudice Borsellino, che rifiutarono il funerale di Stato per l’ennesima vittima di un sistema, alle parole che Antonino Caponnetto, ex giudice che appena giunto sul luogo della strage in via D’Amelio pronunciò in lacrime una frase che molti ricorderanno: “È finito tutto”. E invece non era finito tutto, perché a quei funerali celebrati in forma privata si presentarono più di 10mila persone, perché oggi su tutti i luoghi della giustizia ritroviamo il suo sorriso e il suo insegnamento.

Penso alle parole di Hannah Arendt, alla sua profonda riflessione sulla coscienza che oggi, in questi giorni tremendi in cui a Gaza si muore in nome di un diritto criminale, parla di un “senso di legalità che è riposto nel profondo della coscienza di ognuno, anche di coloro che non hanno familiarità con i libri di diritto… purché l’occhio non sia cieco e il cuore non sia di pietra e corrotto.”

Penso a un ragazzo che a vent’anni ha osato denunciare altre leggi vergognose che raccontano cos’è l’immigrazione oggi in Europa. Si chiama Nicolò Govoni e da qualche mese la Procura di Roma ha inoltrato la sua denuncia penale contro le autorità dell’hotspot di Samos alla Corte Europea di Giustizia, per i reati commessi contro i minori non accompagnati.

“Ho sempre pensato di essere il risultato delle persone che amo, ma la verità è che sono il risultato delle persone che mi hanno amato. E questo fa tutta la differenza”. Anche questo, io credo, ha molto a che fare con il concetto di legalità. Perché le leggi nascono affinché gli uomini possano vivere insieme, ce lo insegnano a scuola, ma tutto questo è legato più al rispetto, all’empatia, alla tutela di tutti, piuttosto che alla paura dell’altro. Io credo che l’idea di legalità sia per natura più vicina a quella di libertà che a quella di limitazione, quella cosa a cui Borsellino si riferiva proprio al funerale di Falcone quando parlava di “non di una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolge tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

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