La libertina e libertaria Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni e protettrice del suo genio

by Michela Conoscitore

Se Giulia Beccaria avesse sfogliato gli odierni testi di letteratura, avrebbe letto grandi cose sulle opere del padre, Cesare, e del figlio, Alessandro Manzoni. Nonno e nipote sono considerati degli spartiacque nella storia della letteratura italiana, ovviamente ognuno nel suo campo. Beccaria è celebre per il trattato illuminista, Dei delitti e delle pene, che destò grande scalpore nell’Italia del 1764 e fu preso ad esempio da tutti gli intellettuali europei e statunitensi, tra cui Thomas Jefferson. Per Manzoni, invece, non c’è bisogno di presentazioni: padre del romanzo storico italiano, autore de I promessi sposi, è considerato uno dei grandi della nostra letteratura.

Quel che non è cambiato, nonostante il lungo periodo di tempo che ci divide dalle vicende della famiglia Beccaria-Manzoni, riguarda proprio Giulia. Essenzialmente perché, oggi come allora, una donna libera è considerata oscena. Una fama, la sua, di libertina, madre becera e anaffettiva, solo perché decise di vivere la sua vita scevra da condizionamenti e imposizioni.

Giulia nacque a Milano nel 1762, figlia del marchese Cesare e della nobildonna siciliana di origini spagnole, Teresa Blasco. La coppia ebbe anche una seconda figlia, Marietta, gracile e malaticcia che morì in giovane età. L’unione di Beccaria con Teresa, inizialmente, fu avversata dal padre: il legame con la giovane Blasco non fu ritenuto vantaggioso, la ragazza non possedeva una dote ingente. Cesare, tuttavia, non cedette e i primi anni del matrimonio videro la coppia arrangiarsi a sopravvivere. I rapporti col marchese padre, in seguito, si distesero. Probabilmente complice anche l’intercessione dell’amico e intellettuale Pietro Verri, Cesare poté tornare agli agi della vita nobiliare. La tranquillità ritrovata, e la frequentazione dei salotti intellettuali milanesi tra cui casa Verri, contribuirono alla stesura del suo capolavoro, Dei delitti e delle pene, nel quale tra le tante tematiche affrontate, la pena di morte viene condannata, in nome degli ideali illuministi. Molti studiosi sostengono che il celebre saggio fu scritto a quattro mani, proprio con l’amico Verri.

Giulia, intanto, cresceva solitaria, i genitori erano troppo presi da loro stessi per curarsene. Il padre impegnato nei suoi studi e travolto dal successo del suo scritto, la madre Teresa a collezionare flirt con nobili milanesi. Difatti, la condizione di donna sposata le assicurò una cospicua libertà, con il beneplacito del consorte. Tuttavia, questa libertà, le presentò il conto: quando Giulia compì dodici anni, perse la madre, malata di sifilide. Il padre la iscrisse in collegio, e si risposò. La giovane Beccaria tornò in famiglia, mal sopportata, da adolescente dopo aver ricevuto una scarsa educazione in collegio. Nella casa paterna, si ritrovò immersa in un effervescente ambiente intellettuale a cui Giulia si appassionò grandemente. Anche lei cominciò a frequentare casa Verri, ben accolta dall’amico del padre e dai suoi fratelli, tra cui il minore Giovanni. Quest’ultimo, impenitente donnaiolo, rimase colpito dalla bellezza della giovane e se ne innamorò sinceramente. I due, così, divennero una coppia ma non poterono mai ufficializzare la loro unione con il matrimonio. Giovanni era figlio cadetto, quindi non aveva ‘diritto’ a sposarsi.

Il marchese Cesare scoprì la relazione di Giulia con Giovanni Verri e, a dispetto della sua mente illuminata, la costrinse ad un matrimonio combinato. Il prescelto per la figlia ventenne fu il conte Pietro Manzoni, quarantaseienne bigotto, appartenente alla nobiltà di campagna, con una casa sui Navigli. Il conte, ricco e noioso, viveva con le sette sorelle, di cui una ex suora, e il fratello monsignore, canonico al Duomo. Giulia lo sposò nel 1782, nessun parente partecipò al suo matrimonio, nemmeno il padre.

Giulia fu subito molto infelice. Litigava col marito e le cognate si mostravano ostili. La casa sui Navigli era brutta, piccola, umida e buia. Il marito le sembrava una misera persona, senza impegno, senza grandi ricchezze e senza prestigio. Era conservatore e clericale e lei aveva respirato, sia nella casa paterna sia nella famiglia Verri, idee nuove e libere. S’annoiava perdutamente.

Natalia Ginzburg, La famiglia Manzoni

Per sua fortuna, Giulia non soccombette a quell’ambiente gretto e asfissiante. Si rifugiò nella relazione con Verri, che rispetto a prima poté coltivare indisturbata. Il 7 marzo del 1785 nacque l’unico figlio, Alessandro. Riconosciuto dal conte Manzoni come suo, tuttavia è certo ormai che la paternità del grande scrittore milanese è da attribuire a Giovanni Verri. La scoperta è relativamente recente, da parte dello scrittore Pietro Citati che, durante la documentazione per una sua opera, ha trovato tra le carte di casa Beccaria una lettera indirizzata a Giovanni Verri che ne conferma la paternità, custodita sotto mentite spoglie e stranamente sopravvissuta al dissesto dei secoli.

Il piccolo Alessandro fu mandato a Galbiate e messo a balia, mentre Giulia proseguì la sua relazione con il Verri. Qualche anno dopo, scoperti i tradimenti di quest’ultimo, la donna interruppe la relazione e, inoltre, decise nel 1792 di divorziare dal conte Manzoni, scioccando la buona società meneghina. Giulia voleva allontanarsi da quella famiglia asfittica. Tempo dopo, in uno dei salotti che era solita frequentare, la nobildonna incontrò il conte Carlo Imbonati. Colto, virtuoso, sensibile e di indole bonaria, fu il grande amore di Giulia e la sua promessa di felicità. La coppia decise di trasferirsi a Parigi, mentre Alessandro fu iscritto al collegio. I nove anni d’amore con l’Imbonati furono il periodo più sereno nella vita di Giulia; le si potrebbe rimproverare il trattamento riservato al figlio, che effettivamente soffrì molto la lontananza dalla madre, ma riflettendoci Giulia fu ‘vittima’ di un periodo ancora enormemente oscurantista sulla condizione femminile e sul potere decisionale che le donne avevano sulla propria vita. Giulia preferì non danneggiare ulteriormente il figlio con un’assenza che si sarebbe verificata anche se fossero stati vicini. Le privazioni del passato pesavano sulla sua esperienza di vita, e si riflessero nel rapporto col figlio, ma per il futuro scrittore sarebbe arrivato il momento di godersi la madre, forse anche più profondamente rispetto all’infanzia, quando compì vent’anni.

Per quanto a Parigi, Giulia e Carlo non si erano dimenticati di lui. Il conte, tramite l’amico scrittore Vincenzo Monti, fece pervenire a Milano una lettera che invitava il giovane Alessandro a recarsi da loro a Parigi, anche perché l’Imbonati non aveva ancora avuto il piacere di conoscerlo. Dopo la morte del nonno Beccaria e del padre putativo, Alessandro era effettivamente libero dai lacci della società benpensante, e di riunirsi con la madre. Purtroppo, l’Imbonati non fece in tempo a conoscerlo: morì improvvisamente pochi mesi prima dell’arrivo di Alessandro, nel 1805, lasciando tutti i suoi averi a Giulia. Per la donna fu un dolore immenso, e il ricongiungimento col figlio Alessandro fu la sua salvezza. I due divennero molto uniti, e Giulia divenne la stella polare nella vita del figlio, anche per quanto riguarda la vita amorosa. Difatti, fu Giulia a scegliere per lui la giovane Enrichetta Blondel: “L’ho trovata gentilissima. Mia madre la trova di cuore eccellente”, scrisse il ventenne Alessandro all’amico di famiglia Claude Fauriel. Dopo il matrimonio tornarono a Milano, vivendo dapprima a Brusuglio nella villa dell’Imbonati ereditata da Giulia, e poi acquistarono casa a Milano, in via del Morone dove fra i tre regnò armonia e concordia, anche per quanto riguarda l’educazione dei nipoti che per la nonna nutrirono sempre un particolare affetto.

Giulia fu la protettrice del genio manzoniano, gli predispose l’animo alla grandezza e lo educò all’indipendenza. Una lezione di vita preziosa che trasmise al figlio, seppur in età adulta, perché si diventa davvero genitori quando si comprende l’enorme responsabilità del ruolo. I figli hanno bisogno di esempi: Giulia, nonostante gli scandali e la società bigotta, maturò e riuscì a conquistarsi il proprio posto nel mondo, alle sue condizioni. Quindi che si sappia, Giulia fu fieramente libera, amava troppo essere sé stessa.

Letture consigliate:

Natalia Ginzburg, La famiglia Manzoni (Einaudi)

Marta Boneschi, Quel che il cuore sapeva. Giulia Beccaria, i Verri, i Manzoni. (Ledizioni)

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