“In Puglia il rallentamento della curva epidemica c’è stato”. Intervista al prof Luigi Lopalco

by Michela Conoscitore

In questo periodo, saper discernere e distinguere le informazioni realmente attendibili nel mare di input che i media inviano attraverso ogni mezzo di comunicazione è da reputarsi quasi un’impresa impossibile. Momenti di grandi difficoltà e paura, come questo che stiamo vivendo, esigono ‘narratori’ dell’emergenza chiari e immediati, e tra loro vi è sicuramente il professor Pier Luigi Lopalco: ogni giorno, attraverso quanti più canali possibili, sta provando a raccontare l’epidemia, smontando fake news e rassicurando gli italiani. Pugliese, epidemiologo, ordinario di Igiene presso l’Università degli Studi di Pisa, è stato nominato dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, responsabile del coordinamento regionale delle emergenze epidemiologiche.

bonculture lo ha intervistato per analizzare insieme gli aspetti più rilevanti della pandemia da Covid-19 in Italia, e parlare più specificamente della Puglia e di come si sta evolvendo, in regione, l’epidemia:

Professor Lopalco, si è parlato di una ipotetica creazione del virus in laboratorio, invece il Covid-19 si è originato in natura. Come ha scritto lei su Twitter, dobbiamo accettare gli insegnamenti della Natura Matrigna di Giacomo Leopardi: come spiegare alla gente, che magari si credeva intoccabile o invincibile, che questi fenomeni sono, invece, scientificamente probabili e prevedibili?

Effettivamente c’è sempre questa falsa convinzione che il naturale è buono, e tutto ciò che è artificiale è cattivo. Quando invece noi adesso abbiamo questa minaccia, che è tutta naturale, data da questo virus, vogliamo credere che sia artificiale, e colpa dell’uomo. L’uomo, nell’ecosistema naturale del nostro pianeta, è uno dei tanti componenti. La Terra e gli ecosistemi esistevano già molto tempo prima dell’uomo, e gli ecosistemi continuerebbero tranquillamente a vivere, anzi vivrebbero pure meglio se l’uomo si estinguesse! Purtroppo, abbiamo una concezione antropocentrica della natura: noi siamo parte di questo ecosistema, che bene o male trova sempre il suo equilibrio. L’uomo con virus e batteri ha sempre convissuto, in passato sono stati tantissimi i virus che da un animale sono stati trasmessi all’uomo. Lo stesso morbillo, causato da un virus che si è creato millenni fa, è nato in un serbatoio animale, così come anche il virus dell’HIV, o la stessa influenza che si ripresenta ogni anno sono tutti virus che saltano da una specie animale all’uomo. Succede da sempre, in continuazione: i virus che hanno sede negli animali, mutano e acquisiscono la capacità di trasmettersi all’uomo. Quando questi virus hanno un’efficienza quale questo, di trasmissione da uomo a uomo, diventano virus pandemici.

In questi giorni, stiamo notando incidenze differenti del coronavirus nelle varie regioni d’Italia: quali potrebbero essere i fattori che hanno influenzato una maggiore diffusione nel nord del Paese? Alcuni hanno indicato il freddo e l’inquinamento atmosferico. Ritiene che il Sud sia più avvantaggiato?

Io escluderei freddo e inquinamento atmosferico. Per il freddo, la differenza di temperatura tra il nord e sud Italia, in inverno, non è sostanziale. A noi può sembrare il contrario, ma non ha incidenza su un virus. L’Italia è un paese a clima mite, e se escludiamo Alpi e Appennini, la stagione invernale nella gran parte dei luoghi abitati nel nostro Paese è temperata. Il sud in questo momento è avvantaggiato perché l’epidemia è arrivata più tardi, rispetto a quando è iniziata al nord. Se prendiamo la Puglia, il Covid-19 in regione si è diffuso da casi importati dal nord, che hanno fatto partire dei focolai epidemici, i quali sono stati individuati. Quindi, il vantaggio del sud rispetto al nord è di tipo temporale: al nord il Covid era presente già a gennaio, nelle regioni del centro sud l’epidemia è cominciata più tardi, anche grazie attuando il forte intervento dell’isolamento in casa della popolazione, ai primi di marzo, il cosiddetto distanziamento sociale. Al nord ha avuto un effetto più limitato, perché lì l’epidemia era già stata innescata, le misure preventive al sud, invece, hanno avuto effetto e hanno sortito evidenze positive. Le misure hanno effetto quanto prima vengono applicate.

Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, l’ha nominata coordinatore delle emergenze epidemiologiche: ci può dire qual è il coefficiente di contagio nella nostra regione?

Il coefficiente non l’abbiamo misurato perché cambia molto spesso: per poterlo misurare, c’è bisogno di alcuni dati particolari. Siccome c’è stato questo impatto delle misure preventive per l’epidemia, e non solo, in Puglia abbiamo avuto un’incognita molto forte, quella dei rientri dal nord al sud: in regione sono tornati tra le venti e le trentamila persone, un numero enorme anche se parliamo di una popolazione di quattro milioni. Quelle venti, trentamila persone, potenziali portatori del virus, rappresentavano un numero molto alto. Quindi con questa incognita, fare dei calcoli per modelli matematici che possono poi portare alcuni indici, tra cui l’R0, è praticamente impossibile. Quei modelli funzionano quando le popolazioni sono chiuse, quando non ci sono spostamenti.

Attualmente, qual è la situazione in Puglia? I pugliesi stanno osservando le regole?

Io posso dirle quello che succede tra Bari e Lecce, sono le città che frequento di più. In settimana sono a Bari, chiuso nella task force dalla mattina alla sera, nel weekend raggiungo mia moglie in Salento. Posso dirle che entrambe le città sono deserte, quindi secondo me i pugliesi si stanno comportando molto bene. E dando uno sguardo alle cifre che riguardano la regione, non dico che possiamo stare tranquilli però sono confortanti. Avevamo fatto un piano di riordino degli ospedali, preventivando di accogliere entro il 25 marzo duemila casi, al 29 e non siamo arrivati a duemila. Quindi significa che il rallentamento della curva epidemica c’è stato.

I reparti di terapia intensiva in Puglia riuscirebbero ad arginare numeri più alti?

Fino a duemila siamo già pronti. Oggi 30 marzo sarà varato un piano che presenterà numeri ancora più alti.

Un’altra regione che lei conosce molto bene è la Toscana, un’altra zona d’Italia che sta reagendo bene alla pandemia, lo conferma?

Sì, vero: se noi seguiamo l’andamento della curva di Toscana e Puglia, possiamo notare che è simile in entrambe le regioni. In Toscana, a parità di popolazione, abbiamo forse il doppio dei casi. Questa differenza sta nel fatto che qui l’epidemia è partita prima, quindi si sono accumulati più casi, e l’impatto del distanziamento sociale ha avuto meno effetto.

Si stanno verificando difficoltà nell’approvvigionamento di DPI (dispositivi di protezione individuale) in Puglia, il presidente Emiliano lo sta denunciando da giorni alla Protezione Civile. Qual è la situazione?

Effettivamente, la situazione è stata critica, gli operatori avevano difficoltà a lavorare. Nel 118 sono state messe in atto alcune procedure per limitare al minimo l’utilizzo di tute, camici, occhiali, mascherine, tutto l’abbigliamento protettivo necessario per assistere i malati di Covid. Quindi, l’ha utilizzato solo chi era direttamente coinvolto nelle cure ai pazienti. Che io sappia, in settimana questa difficoltà dovrebbe essere superata, però è stata dura. Si sono dovuti attivare canali alternativi di approvvigionamento.

Professore un’altra preoccupazione, un po’ in tutta Italia, sono gli anziani nelle case di riposo e i focolai che si sono sviluppati in alcune di esse: secondo lei trasferire gli ospiti negli ospedali è la scelta più giusta?

Al contrario, li si espone maggiormente al rischio. Bisognerebbe trovare il modo di curarli adeguatamente là dove sono. Ciò è possibile perché si può garantire nelle case di riposo l’assistenza diagnostica. Per fare un esempio, esistono gli apparecchi radiografici portatili. Con questo tipo di attrezzature si possono fare diagnosi e portare assistenza anche agli ospiti delle case di riposo.

Qual è il feedback che avete ricevuto per le persone in quarantena a casa, è un modello che nella nostra regione sta funzionando o ha i suoi limiti, pensando alla situazione di Bergamo?

In questo momento stiamo registrando dei numeri che riusciamo a gestire bene. In media abbiamo un centinaio di casi al giorno, su tutto il territorio pugliese. Se fa il calcolo, per ogni Asl, si tratta di poche decine di casi al giorno, e vengono gestiti con una certa tranquillità. Sono seguiti e monitorati dai medici di base che dai colleghi dei servizi d’igiene, quindi non stiamo registrando particolari criticità al momento.

La ricerca virologica in Italia è fortemente in ritardo, ma soprattutto non è finanziata, secondo lei cosa si potrebbe fare per potenziarla?

Non posso dirle altro che servono soldi. In Italia, i ricercatori sono pagati poco e soprattutto hanno poche risorse. Nel nostro Paese si spende troppo poco in ricerca, soprattutto quella in campo biomedico che è particolarmente sotto finanziata. In questi giorni stiamo tragicamente osservando cosa significa non soltanto la mancanza di ricerca, ma anche la mancanza di avere una produzione nostrana di apparecchi biomedicali e kit diagnostici. Noi, per tutto questo, dipendiamo dall’estero.

Professore, quando la pandemia sarà rientrata, quali saranno le ricadute, a lungo termine, nella vita quotidiana di tutti noi? Quali i rischi per chi non avrà contratto il virus?

Chi non ha contratto il virus, dovrà cercare di evitarlo e parlo soprattutto delle persone fragili, come gli anziani o persone affette da altre patologie. Per avere un vaccino, dovremo aspettare un bel po’, ci vorrà almeno un anno. Quindi, prima che questo accada, purtroppo queste persone dovranno essere messe in sicurezza, dovranno evitare il contagio. Sono sicuro che per diversi mesi non potremo tornare alla normalità assoluta, come se nulla fosse successo perché dopo questa prima ondata epidemica, dobbiamo aspettare che passi. E dovremo stare attenti che non ne arrivi una seconda, perché la possibilità è dietro l’angolo. Tra qualche settimana si chiarirà la situazione su questa ondata, e capiremo in che direzione stiamo andando. Per il dopo, dobbiamo cominciare a prepararci.

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