Emily in Paris, Lily Collins è un’americana a Parigi nella serie Netflix

by Michela Conoscitore

Prendi una sosia di Audrey Hepburn, ma che manca leggermente di grazia e savoir faire, aggiungi Parigi e la nazionalità americana, shakera tutto e il risultato è Emily in Paris, la nuova serie di Netflix, disponibile sulla piattaforma online dal 2 ottobre e tra le più viste nell’ultima settimana.

Emily in Paris nasce dall’ideatore di Sex and the City, Darren Starr, e vede tra i produttori la stessa Lily Collins, tra le attrici più promettenti del momento, per il suo stile fresco da ragazza della porta accanto. Ed è un po’ quello che i creatori della serie avevano in mente, raccontare la trasferta lavorativa di una ragazza americana in quel di Parigi. Il problema è che quando gli showrunner statunitensi pensano a serie con ambientazioni europee non sanno resistere ai cliché.

Emily Cooper da Chicago si trasferisce nella Ville Lumiere per un anno: la sua agenzia di pubblicità ha inglobato la parigina Savoir, e per far abituare i francesi alla way of life americana, decidono di inviare un ambasciatrice a stelle e strisce e a far vedere a tutti come si fa. Emily prende il posto della sua collega, scopertasi in dolce attesa, poco prima della partenza. Così, la ragazza intrisa di filosofia spicciola sul fare team e un bel po’ di ingenuità sbarca a Paris.

Il primo incontro con i colleghi francesi non sarà magnifique ma, come accade di solito in queste serie televisive, tutto andrà per il meglio. Ma per Emily in Paris il lieto fine tocca quasi i registri dell’assurdo: la nuova serie Netflix è sicuramente pensata per un pubblico giovane e meno giovane, in cerca di svago e di una storiella easy per staccare dalla realtà, ma molti aspetti della vicenda sono davvero inverosimili.

Per un’americana appena arrivata in Francia, e che non spiccica nemmeno una parola dell’idioma nazionale è plausibile che il vicino del piano di sotto, per giunta gnocco, oltre che uno dei più promettenti chef della città parli anche benissimo l’inglese? E ovviamente, si innamora di lei, ricambiato: ça va sans dire. Tra l’altro l’attore che lo interpreta, Lucas Bravo, non smentisce il suo cognome ed è uno degli aspetti positivi della serie. È veritiero che Emily, nei suoi primi giorni parigini, decida di aprire un account Instagram in cui raccontare la sua avventura e dopo le prime foto postate, raccolga già milioni di accoliti che nemmeno Chiara Ferragni?

Ma tornando agli stereotipi, sono proprio questi che fanno sorridere lo spettatore più critico: l’americano sa come si sta al mondo e conosce, per intercessione divina, la giusta filosofia per rendere qualsiasi azienda vincente. E le altre nazioni? Quel che traspare da Emily in Paris, per quanto riguarda i francesi, è che sono dei fannulloni, antipatici, cascamorti e sessisti. Girano costantemente con una baguette sotto al braccio, indossano vestiti da haute couture anche quando vanno al supermercato e pretendono che il mondo la pensi come loro su tutto. Se quest’ultima caratteristica, forse, ha qualche risvolto nella vera realtà, nella serie televisiva questo concentrato di luoghi comuni provoca, col procedere delle puntate, un po’ di orticaria. Se vi state chiedendo su come gli americani vedano noi italiani, ce ne hanno dato già abbastanza prova ed è deleterio ricordarlo.

Lily Collins è deliziosa nelle sue mise, quasi tutte firmate Chanel (altro aspetto inverosimile per l’impiegata di un’agenzia di pubblicità, potersi permettere questi capi), infatti ci si appassiona di più nello scoprire puntata dopo puntata quale sarà l’abbinamento ultra chic che sfoggerà Emily rispetto all’evolversi della storia. Che, nel frattempo, procede: tutti si innamorano, inevitabilmente, di Emily e trionfa sul lavoro, conquistando colleghi e la, inizialmente, perfida direttora di Savoir, Sylvie. Se la serie è stata concepita come un divertissement, per trascorrere qualche ora in modo spensierato, agli sceneggiatori non è saltato in mente che una ragazza come Emily che lavora a Parigi pur non conoscendo il francese ma che, nonostante tutto, riesce in qualsiasi cosa faccia, potrebbe risultare un pochetto antipatica e noiosa?

Audrey Hepburn diceva: “L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai”, ma di eleganza in questa serie televisiva se ne vede davvero poca. Emily in Paris altro non è che una celebrazione un po’ cafona che gli americani hanno creato, rimpiangendo i loro bei tempi, quando Parigi era la poesia di una passeggiata sotto la pioggia e il cappello di Humphrey Bogart riassestato da Audrey.

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