U-Okraina: terra sul confine

by Roberto Pertosa

Perché uno Stato Sovrano dovrebbe accettare l’imposizione di diventare una sorta di “terra cuscinetto” demilitarizzata, un indefinito filtro di contrapposizione politica, ideologica e militare, un semplice luogo di transito di gas e di merci a uso e consumo, e alla assoluta mercé, di un altro paese confinante che si ritiene una sorta di storico padre-padrone?

Perché dovrebbe soccombere all’imposizione di essere “attraversata” da una fantasmagorica “linea rossa” che non dovrebbe mai essere calpestata dall’intenzione di appartenenza a un organismo come la NATO perché considerato un pericolo per la sicurezza dello stesso paese confinante impositore?

Perché mai dovrebbe subire e sopportare un governo schierato (e imposto) con chi è considerato un nemico, lo stesso che con un attacco militare scriteriato vorrebbe a tutti i costi destabilizzare l’attuale leadership?

Perchè un Paese Sovrano non dovrebbe possedere la libertà di scelta di entrare a far parte della UE solo perché confinante con un paese che alla UE si oppone?

La storia ci insegna che per ogni dittatore c’è sempre, prima o poi, inevitabilmente un punto di non ritorno, l’inizio della fine che coincide con “l’evento che oltrepassa il limite”, l’episodio che provoca il dissenso universale.

Il tempo necessario affinché tale epilogo si concretizzi dipende, da un lato, dalla forza e dal potere della dittatura, che potrebbe dilatarlo, dall’altro, dall’indice di gravità dell’evento, che potrebbe invece comprimerlo, in quanto, pregiudicando la sicurezza generale, spinge forze esterne a reagire nonostante esse siano strettamente interconnesse e, per certi versi, palesemente complici e colpevoli.

Ma se tali fattori si equivalgono, le forze esterne che inevitabilmente si ribellano, anche se tardivamente, ma che non hanno la necessaria forza per contrastare, o che non possono usarla per non aggravare gli effetti, o, in alcuni casi, non hanno l’interesse, sono sopperite da quelle forze interne, che certamente esistono, le quali si oppongono tenacemente per scongiurare conseguenze disastrose per il paese che il dittatore impropriamente rappresenta tramite una folle identificazione che si traduce in un drammatico parallelismo tra il suo personale patetico destino e quello del paese stesso.

In questi casi le forze esterne, colpevolmente responsabili dello stadio estremo raggiunto, non possono e non devono agire direttamente con le armi, ma generare quell’isolamento (a caro prezzo anche per noi stessi) che solleciterà le stesse forze interne, trascinate dalla dipendenza da enormi interessi economici e dallo spauracchio di uno spaventoso ritorno al passato facilitato per di più da una già oggi fragile economia, a stimolare l’inizio della fine.

E comunque finirà, il destino del paese, ma soprattutto del dittatore, è ormai irrimediabilmente segnato.

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