Lucida, concettuale, folle e solo falsamente irreale, la prima stagione di Squid game alza di molto la statura della serialità coreana, impreziosendo il made in Corea (del sud).
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Pose persuade più della legge Zan. Sottocultura, Aids, moda e morte: il dolore della comunità Lgbt che si fece urlo contro la chiesa cattolica
Pose racconta biografie di emarginati che non si arrendono, che inventano una famiglia e ci credono, difendendola e incoraggiandola fino alla massima espressione del potenziale personale.
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Tratta dall’omonimo manga di Rumiko Takahashi (creatrice anche del popolare Ranma 1/2), la serie a fumetti è stata pubblicata in Giappone dal 1978 al 1987 sul settimanale Weekly Shonen Sunday , mentre in Italia è stata pubblicata in diverse edizioni a partire dal 1991 con la Granata Press e successivamente con la Star Comics quando però Lamù, la ragazza dello spazio era già molto popolare grazie alla versione animata televisiva.
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Il liceo di Moordale è davvero un’oasi felice, come lo è pure la serie nel panorama televisivo mondiale. La Gran Bretagna, dove la pillola del giorno dopo è accessibile alle minorenni dal 2009 e i baby genitori tredicenni sono una consuetudine, è lo scenario perfetto per ambientare un prodotto televisivo come Sex Education.
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“Azzurro. Storie di mare” sbarca alle isole Tremiti. Domenica su Rai Uno le Diomedee raccontate da Beppe Convertini
“Raccontiamo il mare come bellezza, avventura e libertà – ci ha spiegato il conduttore – ma anche le storie di chi vive, rispetta, sceglie, studia il mare. Quindi raccontiamo anche come tutelarlo”.
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La serie funziona anche perché non cerca il compromesso e racconta i tempi moderni evidenziandone le contraddizioni lampanti.
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Pathos e cronaca senza sprofondare mai nel facile melò: Veleno, la favola nera ora docu-serie su Amazon Prime
Guardandolo entriamo in quelle case, ora abbandonate, vuote, capovolte, dove null’accadde e tutto è successo; sfogliamo gli album di famiglie spezzate, smembrate, perdute, attorno a loro ci stringiamo. Piangiamo, preghiamo. Perché ciò che resta delle favole nere, quando sono storie vere, non è altro che dolore.
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“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” e l’estetica da serie senza empatia e senza la lucida discesa agli inferi di una generazione cult
La serie funziona bene solo nei momenti in cui abbandona le tentazioni di voler inseguire i codici della cinematografia e della serialità contemporanei e spinge l’acceleratore sino in fondo, ma sono solo attimi. Quello che manca è una vera empatia narrativa o in ogni caso la capacità di trasmettere delle vere emozioni, l’estetica vince sui contenuti ma soprattutto sulla storia stessa. Fico potremmo dire ma completamente piatto.
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«Tratto l’adolescenza, e i personaggi che la vivono, con rispetto, senza accondiscendenza e paternalismi». Ivan Cotroneo e il successo de “La compagnia del Cigno”
«Una parte di noi rimane quell’adolescente: felice, infelice, inserito, emarginato, solo o confortato dagli amici. Una scia di quel periodo irripetibile ci rimane dentro, una traccia di quello che siamo stati, che sia l’idea della prima gioia assoluta, o del primo dolore da cui sembra di non poter riemergere, rimanga in tutti»
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Anna, la miniserie di Niccolò Ammaniti ‘profeta’. Il virus micidiale non cancella l’accumulo e i rimasugli di vita di un’infanzia violenta
Per lo spettatore è un’esperienza non comune: lo sgomento flirta con la repulsione, in alcuni momenti di violenza quasi casuale il turbamento tocca punte quasi insostenibili, soprattutto perché a esserne protagonisti sono esseri umani che difficilmente associamo alla spietatezza, i bambini.