Il colibrì, il libro definitivo, lieve e potente di Sandro Veronesi al suo doppio Strega. Il trionfo de La Nave di Teseo

by Felice Sblendorio

Alla fine, dopo tante incertezze, Sandro Veronesi ha vinto l’edizione 2020 del Premio Strega: quella che tutti ricorderemo come eccezionale, in tempo di Covid, senza i tanti invitati chiassosi al Ninfeo di Villa Giulia, ieri sera spazio scenico silenzioso e spettrale nella diretta su Rai3 condotta con garbo dall’ottimo Giorgio Zanchini. Accompagnata da sottofondi musicali a effetto, la resa televisiva dello Strega-covid è stata per la prima volta protagonista: in tutte le altre edizioni la tivù era un contorno, una cornice quasi ingombrante, in più. Questa volta, invece, la serrata narrazione di Zanchini ha dato spazio ai sei finalisti in un clima irreale, soft. 

Dopo “Caos Calmo“, che consegnò a Veronesi il suo primo Strega nel 2006, l’autore ha rotto un tabù non scritto nella storia del concorso: partecipare nuovamente dopo una vittoria, e vincere. Precedente a lui, in questo binomio partecipazione-vittoria, fu Paolo Volponi che vinse lo Strega nel 1965 con “La macchina mondiale” e nel 1991 con “La Strada per Roma“. Con 200 voti, La Nave di Teseo ha portato a casa il suo primo riconoscimento con un libro che ha unito in questi mesi pubblico e critica in un consenso unanime imponente. Veronesi, come un vecchio saggio, è arrivato pronto: consapevole di avere un libro definitivo, lieve e potente. Nelle sue parole di ieri sera, a sottolineare che i libri belli resistono e vincono contro il tempo e contro le contingenze del presente e della gara, c’era una saggezza genuina: come se davvero importasse solamente la storia del suo colibrì, del suo Carrera – personaggio letterario che entra così a pieno titolo nella storia della narrativa moderna. 

Sto pensando alla mia famiglia, ai miei figli, a mia moglie, ai miei fratelli. Sto pensando al mio editore, a Elisabetta Sgarbi, a Umberto Eco che è stato così generoso da fondarla questa casa editrice. Sto pensando agli amici che mi hanno sostenuto, che hanno votato il libro. Sto pensando all’uomo nuovo, che poi è una donna. A tutte le persone nuove che ci sono e a tutte le navi in mare”, ha dichiarato Veronesi dopo aver bevuto il tradizionale Liquore Strega. 

A seguirlo, in una votazione che ha coinvolto 605 votanti, è stato Gianrico Carofiglio che ha ottenuto 132 voti per il suo “La misura del tempo“, Einaudi. Lo scrittore barese, nonostante i grandi risultati di vendita con uno dei libri in cinquina più venduti (350 mila copie), non è riuscito a strappare la vittoria in questo prevedibile duello a due con Veronesi. Un vera sconfitta per Einaudi e per il gruppo editoriale di Segrate, considerando che è dal 2017 con Paolo Cognetti che non porta a casa l’ambito riconoscimento. La doppia candidatura Einaudi Carofiglio-Parrella, nella divisione aziendale Roma e Torino, come quella dell’anno precedente fra Marco Missiroli e Nadia Terranova, sicuramente non ha favorito l’ex magistrato che, comunque, ha portato in cinquina un genere da sempre snobbato nelle preferenze degli Amici della Domenica. 

Risultato rovinoso per Gian Arturo Ferrari, ex numero uno di Mondadori che, con il suo “Ragazzo Italiano” (Feltrinelli), nonostante il ricco capitale sociale maturato in tanti anni di attività editoriale, ha raccolto solamente 70 consensi. 

Oltre a Daniele Mencarelli con 67 voti per il suo “Tutto chiede salvezza” (Mondadori), due partecipazioni sono state significative: quella di Valeria Parrella, unica donna in sestina, con il suo “Almarina” (Einaudi) e quella di Johnatan Bazzi con “Febbre” (Fandango). Valeria Parrella ha conquistato 86 voti con un libro maturo e luminoso, portando in sestina un tocco di bellezza: nella diretta televisiva, intervistata da Zanchini, non ha perso la sua intensità, raccontando con l’esattezza della parola che la contraddistingue il personale e il politico della storia del suo romanzo. Con al polso l’immancabile bracciale giallo per chiedere verità sull’uccisione di Giulio Regeni, l’autrice napoletana, con un tocco sagace e puntuto, ha regalato ai telespettatori l’unico ironico brio della serata. Poco prima di lasciare spazio al co-conduttore della gara, Corrado Augias, per parlare del mee-too, la Parrella ha ironizzato con Zanchini sulla scelta: “Lei vuole parlare di questo tema con Augias? Auguri!”. 

Jonathan Bazzi, invece, vero outsider dell’edizione, si è goduto la serata consapevole dell’enorme risultato raggiunto con questa partecipazione. La sua presenza in sestina, dominata da scrittori uomini e tutti protagonisti dominanti del mondo editoriale italiano, è stata una piccola rivoluzione: di significato ed estetica. Il Ninfeo di Villa Giulia ha aperto le sue porte a un giovane scrittore sostenuto da una casa editrice indipendente, un diverso, una personalità che rompe tabù e convinzioni, interroga, mescolando nuove sensibilità e visioni sul mondo che cambia.    

La serata, quasi ai limiti dell’essenziale, ha ricordato Andrea Camilleri, scomparso l’anno scorso. Nessun ricordo, invece, per Alberto Arbasino, forse uno dei più importanti scrittori del ‘900, scomparso quest’anno. Per il maestro di Voghera, autore dell’indimenticato “Fratelli d’Italia“, nessuno spazio allo Strega: né in vita e né in morte. Sarà per la prossima, quando gli amici ritorneranno ad affollare il Ninfeo e il conduttore Rai dovrà nuovamente farsi spazio fra le signore intente a mangiare i tipici gnocchetti sardi alla panna e i gruppi vocianti di ospiti impegnati in un selfie. 

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